Come nasce la Psico-Somatica?

Il termine psicosomatica nasce nel XIX secolo, ma già la storia del pensiero filosofico e della medicina antica era permeata dalla questione della separazione tra anima e corpo (dualismo) o di una loro sostanziale identità (monismo).

Fu il medico tedesco Johan Christian Heinroth ad utilizzare nel 1818 per la prima volta la parola “psicosomatica”; nel 1824 lo studioso Friedrich Groos formulò l’ipotesi che le malattie rappresentassero gli effetti somatici delle passioni e delle emozioni negative. Nel 1876 lo psichiatra inglese Henry Maudsley scriveva: “Se l’emozione non è scaricata all’esterno con l’attività fisica o con un’idonea azione mentale, agirà sugli organi interni alterandone le funzioni”, anticipando così il concetto psicoanalitico di conversione isterica.

L’opportunità di un approccio psicosomatico in medicina era noto allo stesso Ippocrate (V e IV a.C.), considerato il padre delle medicina occidentale. Affermava che tutte le funzioni organiche sono influenzate dalle passioni. Secondo le sue teorie, le emozioni possono alterare gli equilibri fisiologici del corpo e indurre patologie, in quanto “gli organi ubbidiscono ai sentimenti”. La scuola di Ippocrate sosteneva la cosiddetta “teoria umorale”, basata sulla convinzione che il corpo umano fosse composto, appunto, da quattro umori: sangue, flemma, bile gialla e bile nera.

La stessa psicoanalisi nasce dal confronto con un problema psicosomatico.

Secondo Freud quando un contenuto psichico – un’immagine, una pulsione, un desiderio – è incompatibile con l’Io, inammissibile alla coscienza e contrario alla morale, l’affetto ad esso associato è rimosso dalla coscienza con la repressione e convertito in un disturbo senso-motorio che simboleggia ed esprime a livello corporeo il contenuto inaccettabile, risolvendo così in parte il conflitto psichico originario (Freud lo definirà “il misterioso salto dalla mente al corpo”).

M. Boss, sulla base dell’analisi esistenziale, ritiene che la malattia esprima o l’unica modalità con cui il corpo si apre e si relaziona con il mondo, o le modalità escluse che, non esprimendosi in un vissuto globale, si annunciano patologicamente.

Secondo Cannon, le malattie psicosomatiche sono dovute allo stress, cioè a risposte emozionali troppo intense o troppo a lungo mantenute. Questa condizione mette in moto risposte fisiologiche e psicologiche il cui scopo è quello di abbassare la tensione interna.

Nel 1966 D.W. Winnicott (1896-1971) scrisse un articolo fondamentale dedicato alla psicosomatica, in cui discusse lungamente sul trattino che separa le due porzioni del termine psico-somatico. Questo viene considerato la parte più importante della parola perché definisce l’area che deve essere studiata, il segno che “congiunge e separa i due aspetti della pratica medica”. È su questo trattino che lavora lo specialista di malattie psicosomatiche ed è qui che si inserisce il problema del paziente, la sua dissociazione tra psiche e soma.

La malattia denota una fragilità del legame tra psiche e corpo.

Un esempio per fare maggiore luce su questa questione è la sindrome dell’intestino irritabile (irritable bowel syndrome, IBS). Si tratta di un disturbo funzionale a eziologia multifattoriale in cui giocano un ruolo importante fattori intestinali (disturbo della motilità del tubo digerente), nervosi (asse cerebro-intestinale) e psicologici (ansia e depressione).

I fenomeni mentali, quindi, sono intimamente connessi con i fenomeni biologici, cerebrali e genetici. Ciò che per comodità e per tradizione definiamo “mente” non può essere separato artificialmente da ciò che definiamo “corpo” poiché entrambi sono facce della stessa medaglia.

Non si può pensare il legame mente-corpo come un rapporto dualistico nel quale uno è causa o effetto dell’altro, poiché si tratta di capire a quali livelli e secondo quali dinamiche in determinati soggetti quali fattori biologici e quali fattori psicosociali sono implicati nell’esito finale di insorgenza, persistenza e miglioramento dei sintomi somatici.